Gli ordini che arriveranno dal 5/08 al 25/08 saranno evasi a partire dal 26/08

Intervista a Simone Tintori, titolare dell’acetaia La Vecchia Dispensa

Blog e Ricette
Raccontiamo una tradizionale da salvaguardare e trasmettere alle future generazioni. Non c’è futuro senza passato.

Oggi abbiamo intervistato per voi Simone Tintori, uno dei titolari dell’acetaia La Vecchia Dispensa, per comprendere meglio le radici sulle quali si fonda questa realtà modenese sempre più celebre e in continua crescita. Simone porta avanti l’azienda con passione da ben nove anni e nelle sue risposte è semplice trovare l’entusiasmo di continuare a produrre l’Aceto Balsamico di Modena, un prodotto della tradizione che riesce sapientemente e concretamente a adeguare alle esigenze del mercato internazionale.

La Vecchia Dispensa ha una storia che affonda le radici nel passato. Puoi raccontarci come è nata lacetaia e come si è evoluta nel tempo?

La nostra realtà nasce ad inizio Novecento come piccola acetaia di famiglia. La consuetudine di produrre in casa laceto balsamico è parte della Cultura popolare modenese (ieri come oggi), e anche i miei avi hanno iniziato in questo modo. Una produzione che definirei privata”, ad uso e consumo soltanto della famiglia.
In realtà, almeno fino al secondo dopoguerra, il Balsamico era poco conosciuto fuori dal territorio modenese, ed è grazie alla prosperità portata dal boom economico che sono cambiate le abitudini alimentari e prodotti come il Balsamico sono arrivati sulle tavole degli Italiani. Direi che sia stata proprio la domanda, la curiosità dei forestieri (non modenesi) a portarci nei primi anni 70 ad iniziare con la vendita di questo prodotto.

Sappiamo però che il boom economico non ha coinciso con il boom del Balsamico. Come avete strutturato le prime vendite e superato l’incertezza di un business che avrebbe potuto anche non decollare, e che effettivamente è cresciuto lentamente per ben vent’anni?

Inizialmente fu la cucina del ristorante dei miei nonni a fare da fucina di idee, e volàno per promuovere laceto balsamico. Gli ospiti del ristorante avevano modo di assaggiare piatti tradizionali con laceto balsamico che solitamente noi realizzavano in casa per le feste. Così folgorati dai suoi profumi, finivano per chiedere di poterne portare a casa un po. Abbiamo quindi iniziato a farne unattività nuova e a strutturare questArte antica in una vera e propria professione. Una rivoluzione in famiglia: immagina che salto di mentalità passare dal realizzare qualcosa per te, a farlo per tutti. Erano pionieri! Effettivamente però bisogna arrivare agli anni 90 per iniziare a parlare di boom del Balsamico. Il prodotto infatti iniziò ad essere richiesto anche allestero, e così i miei genitori misero le basi per potenziare nel tempo la produzione. Il mondo era cambiato, sempre più globalizzato, e dal 2002 venne avanti una spinta nuova, quella della produzione biologica come risposta culturale allo sfruttamento intenso del territorio. Anche qui siamo stati lungimiranti e abbiamo creduto in questo nuovo passo!

Ci sono aneddoti o ricordi particolari legati ai primi anni dellacetaia che ti piacerebbe condividere?

Ripercorrere la storia dellacetaia è come sfogliare un album dei ricordi, perché le batterie di botti sono esse stesse il ricordo vivo dei miei famigliari. LAcetaia è cresciuta nel tempo legandosi alla personalità di coloro che lanno custodita per generazioni. Oggi guardo con ammirazioni alle botti più antiche, quelle nate ad inizio Novecento, quando le possibilità economiche erano poche, e ci si arrangiava recuperando vecchie botti da vino, da marsala e persino da birra per avviare il balsamico da lasciare in eredità alle figlie. Penso sia una lezione di vita da tramandare.

Come si tramanda larte dellaceto balsamico allinterno della famiglia?

Per Passione di padre in figlio, perché fare Balsamico è un Arte che scorre nelle vene. Ci vuole tenacia nel credere ed immaginare qualcosa che ancora non esiste. Noi modenesi siamo gente tenace, ostinata ed orgogliosa: dei testoni” diciamo noi. Senza queste caratteristiche non avremmo lAceto Balsamico. Io credo sia un percorso più che una ricetta, quindi bisogna andare a bottega, imparare dai maestri, i padri, i nonni, quelli che hanno già sbagliato tante volte e sanno indicarti la strada giusta. Quindi ci vuole la capacità di ascoltare!

Le botti sono un elemento chiave per linvecchiamento dellaceto. Ci spieghi come il legno influenza il profilo aromatico del balsamico?

Il legno per me è tutto. La stessa parola Balsamico per me si traduce in Aromatico, ed è il legno a rendere questo prodotto aromatico. Tu puoi invecchiare, ma se non cresci dentro sarai solo vecchio, non sarai mai una persona migliore. Ed ecco che il legno diventa lo strumento per migliorare laceto: lo arrotonda, lo arricchisce di aromi e lo rende più morbido. Ogni essenza di legno cede allaceto qualcosa di unico, e lunione di queste esperienze” rende Balsamico il prodotto finale.

Una delle curiosità più affascinanti della vostra acetaia è che le botti più antiche portano il nome delle donne della famiglia. Da dove nasce questa tradizione?

In realtà è una antica tradizione modenese che vedeva i padri impegnati a realizzare e curare il balsamico come lascito per i figli. Noi in famiglia lo abbiamo sempre fatto per le sole figlie, una dote vera e propria che è anche un lascito culturale, un testimone che attraverso il tempo e ci ricorda da dove veniamo. Io lo chiamo il gusto di casa”.

Continuerete a dare il nome delle donne di famiglia alle botti anche in futuro?

Assolutamente sì, credo sia una tradizionale da salvaguardare e trasmettere alle future generazioni. Non c’è futuro senza passato.

Quali sono le maggiori sfide per una realtà artigianale come la vostra nel mercato attuale?

Io credo che si debba guardare avanti con la consapevolezza che veniamo da un percorso che è stato sempre una sfida. Benché la nostra forza sia sempre stata la tradizione, è nella capacità di evolvere che sta la possibilità di restare in gioco. Bisogna quindi adattarsi alle esigenze del mercato, ma non per questo rinunciare alla propria identità. Dopotutto lartigiano è proprio colui che realizza qualcosa mettendoci dentro sé stesso. Per questo motivo penso che sia fondamentale distinguerci esaltando le nostre unicità.

Come immagini il futuro della Vecchia Dispensa nei prossimi dieci anni?

Ho tantissimi progetti che vorrei portare avanti e sono parte dallagenda quotidiana. Credo in una crescita lenta, che si fondi sullamore per il prodotto e sulla sostenibilità dei processi. Immagino quindi un futuro con sempre più consapevolezza di portare avanti qualcosa di buono, onesto e sostenibile.

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